GOODBYE HORSES

di e con
Dalila Cozzolino

e con
Gianfranco De Franco, Mario Russo, Lorenzo Guerrieri

e con la partecipazione (in voce) di
Dario De Luca

supervisione al testo
Rosario Palazzolo

musica e drammaturgia sonora
Gianfranco De Franco

coreografie, movimenti di scena
Luna Cenere

costumi
Ilaria Carannante

scenografia
Ilaria Nomato

regia
Dalila Cozzolino e Lorenzo Guerrieri

disegno luci
Gaetano Bonofiglio

organizzazione e consulenza artistica
Rosario Mastrota

una produzione
Solares Fondazione delle Arti di Parma – Teatro delle Briciole

Foto Daniela Annino

Certamente sostenere che le cose siano veramente così come io le ho esposte, non si conviene ad un uomo che abbia buon senso; ma sostenere che o questo o qualcosa di simile a questo sia accaduto, ebbene, questo mi pare che si convenga e che metta conto di arrischiarsi a crederlo, perché il rischio è bello.

Platone, Fedone.

Crotone, mercato delle bestie.

Un cavallo e un asino aspettano potenziali acquirenti.

Il cavallo è un bottino di guerra: viene da Sibari.

Si dice che a causare la sconfitta di Sibari contro Crotone sia stata la stravaganza dei suoi abitanti. Avevano insegnato ai propri cavalli a danzare. L’esercito di Crotone, nella battaglia di Traente del 510 a.C., non portò solo i soldati: portò anche i flautisti.

I cavalli di Sibari presero a danzare, sedotti dalla musica, e i corpi cominciarono a cadere.

Crotone saccheggiò per sessanta giorni la città di Sibari, deviò il corso del fiume Crati.

Una intera civiltà venne sommersa.

“Sibarita” divenne un epiteto, un insulto: persona dedita al lusso, al futile, ai piaceri della vita.

Raccontiamo questa storia dal punto di vista di un cavallo; un cavallo con la Grazia attaccata addosso, come una maledizione. Un cavallo al mercato che nessuno compra, perché della grazia nessuno se ne fa nulla.

Cosa resta di animale dopo un processo di addomesticamento?

La grazia è il risultato ultimo di pratiche violente.

Essere addomesticati è essere addomesticati alla violenza.

Ma quando la violenza è l’unico modo che si conosce, è riconosciuta come una violenza?

E allora anche la guerra diventa uno spettacolo pieno di grazia.

Il cavallo è inutile per la società con questa grazia attaccata, pesante, mostruosa: una cattiva possessione.

Una maledizione, quella dell’artista. Nessuno se lo compra, nessuno lo vuole.

E fuori dallo spettacolo, come si può stare?

Come si fa a stare nella guerra?


NOTE DI REGIA

La drammaturgia dello spettacolo nasce con la supervisione di Rosario Palazzolo, autore, regista e attore palermitano. La sua guida alla ricerca strutturale della drammaturgia, ha preparato le epifanie per la scrittura del testo. La drammaturgia si muove su una struttura binaria: ciò che accade in medias res (la finzione) e ciò che è accaduto (la storia).

Dopo il testo, è nel corpo, prima di tutto, la narrazione della storia. Due corpi nella musica che si fa, anch’essa, corpo. La danza e la musica sono l’altra drammaturgia parallela a quella del testo.

Gianfranco De Franco, musicista e compositore calabrese, scrive un “testo” altro con la sua musica; che si fa sempre azione e mai accompagnamento, personaggio e corpo. Suona strumenti e strumenti non strumenti: una narrazione che è nata soprattutto in prova, in dialogo con la regia.

Luna Cenere, danzatrice e coreografa, attraverso i corpi degli attori e dell’attrice, racconta le relazioni e gli scontri tra grazia e animalità.

Il concetto di grazia si declina in diversi significati, si perverte, si mostrifica: lascia intravedere le pratiche violente alla base di un addomesticamento, quella violenza anche invisibile alla quale siamo assuefatti, che non vediamo più ma che è stata assorbita dal corpo.

Limanowski chiamava “danza” il processo di interazione fisica tra soggetto creatore e stimolo esterno, materiale o intellettuale, che spinge alla creazione: “il pittore danza il mare nel dipingerlo, l’attore danza Amleto per farlo vivere sulla scena”. Noi tutti danzeremo questa storia.

Una storia bella, che sia vera o no, che sia leggenda o Storia. Una storia ambientata nei miei luoghi d’infanzia e che per questo mi parla magicamente.

E poi c’è la guerra.


PERCHÉ

Perché è uno spettacolo che parla della Calabria, che vuole fare un’archeologia del passato magnogreco calabrese, tradurlo – e tradirlo – con l’immaginazione in teatro.

Perché vogliamo ricercare un dialogo tra testo, danza e sperimentazione musicale.

Perché mi viene data un’opportunità e una responsabilità da Solares Fondazione delle Arti che per me è immensa, in quanto mi permette di creare con artisti che stimo tanto e con i quali non vedevo l’ora di collaborare; immaginando insieme a loro questa messa in scena come un essere vivente che viene, appunto, ad essere, davanti a tanti occhi che potranno poi, finalmente, vederla nella sua interezza.


IL PROGETTO

Goodbye Horses è il primo capitolo-spettacolo di un progetto triennale: Trilogia dell’Animale (leggende bestiali calabresi), prodotto da Solares Fondazione delle Arti (Parma). Ci si propone di esplorare e reinterpretare in chiave contemporanea tre leggende legate al folklore calabrese che hanno come protagonisti tre animali: cavallo, cane, lupo. È dal loro punto di vista che si racconta la storia, un po’ come nelle favole, dove la fisiognomica si confonde tra umano e bestiale.

Come il teatro, la leggenda è qualcosa di inventato per parlare a tutti, è un auspicio da cui uscirne rivoluzionati. Il reale è trasfigurato, tradito. A raccontare solo il reale, nella leggenda come in teatro, ci si sentirebbe colpevoli di plagio e di pigrizia: lo si racconta tracciando dei segni, dando loro nuovi possibili significati. Dunque, un’operazione magica sulla storia. Qualcuno, raccontando un evento storico, ha deciso di fare nella leggenda quello che fa un attore: sollecitare l’immaginazione del suo pubblico.

L’Italia del Sud è ricca di leggende, perché la tradizione del racconto orale è forte, è antica, è greca. L’Agorazein, l’andare in piazza non sapendo chi si incontrerà, aprendosi all’inaspettato, è proprio della cultura magnogreca italiana. Ci siamo concentrati sulla Calabria e, precisamente, su tre leggende che in qualche modo hanno un fortissimo respiro contemporaneo, oltre a racchiudere il destino di una terra, la sua maledizione, il suo lato oscuro.

Tre leggende che sembrano create per stare su un palcoscenico.

Ogni anno del triennio produrrà un nuovo spettacolo attraverso delle residenze di prove, attraverso il dialogo prezioso, artistico e umano, con il direttore artistico del Teatro delle Briciole Alessandro Gallo e con tutte le maestranze di Solares, nonché attraverso laboratori destinati ai ragazzi.

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