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Estratti Stampa

  • L'Italia s'è desta, Tommaso Chimenti, Corriere Nazionale, 01 aprile 2012
    ''(...) testo dove una ragazza, considerata la scema del villaggio, in una cittadina governata dalla ‘ndrangheta, che ha fatto sparire il padre e la sua migliore amica, vede il rapimento della nazionale di calcio alla vigilia dei mondiali (...)''
  • L’Italia s’è desta, Simone Nebbia, Quaderni dei Teatri di Roma, n°17 – novembre 2013
    ''(...) Una scrittura delicata, fresca, lascia un’attrice a districarsi nell’eterno conflitto di estetica e di concetto fra la tradizione terragna pittoresca ma che è insieme covo di sinistri presagi criminosi e l’elemento invece dell’attualità più pura, cronaca in questo caso addirittura inventata. A tanto si giunge in ''L’Italia s’è desta, un piccolo (falso) mistero italiano'', che Rosario Mastrota ha scritto e in cui ha diretto Dalila Cozzolino. (...) Mastrota disegna con divertito ma ragionato coraggio, la sua attrice risponde a tono con un’interpretazione partecipata, innamorata di questa storia, si fa carico di un personaggio molto caratterizzato ma è capace di non scadere nella macchietta, lasciando di sé un’ombra volatile di leggerezza, sia pure velata d’amaro.(...)”
  • L’Italia s’è desta, Emilio Nigro, Hystrio, 3/2013 anno XXVI
    ''(...) I Ragli, calabresi d’esportazione, agitano l’espediente e la finzione del teatro, per dire delle verità.<br /> Sull’italietta, su mamma Calabria. In salsa farsesca, velata da delicata ironia, dal sapore beffardo. (...) Devi essere pazzo per parlare. E per vedere e per sentire, in Calabria. (...) L’efficacia dello spettacolo s’assorbe come quando si legge un testo d’un fiato, perché incollati alle pagine. (...) D’impatto immediato, rincuorante, soddisfacente a caldo (...)''
  • L’Italia s’è desta, Viviana Raciti, Teatroecritica.net, 03 maggio 2013
    ''(...) In questi intenti sembra riuscire benissimo la Compagnia Ragli che, con lucidità, delicatezza e ironia, prova a scardinare l’immagine della ‘ndrangheta non attraverso gli occhi mediatici della società o del potere costituito, ma grazie allo sguardo invisibile di un emarginato (...) Fin dal suo primo spiazzante saluto – un sorridente e apertissimo «ciao» a noi rivolto – si intuisce quale sia il posto riservatole dalla società: Carla è «la scema» (...)<br /> Dalila Cozzolino dà vita a un personaggio pieno di forza e gioia di vivere. Costruito attorno a precise partiture fisiche – imprevedibile e comicissimo gioco gestuale e facciale – e linguistiche, a una parola che rimanda al gusto del dialetto senza mai eccedere nel segno, al gioco sonoro che mai diventa grottesco (...) Una narrazione “obliqua” che volutamente glissa sui dettagli importanti, preferisce invece farci entrare nella storia attraverso spiragli inaspettati (...)''
  • L’Italia s’è desta, Igino Camerota, Gazzetta del Sud, 05 maggio 2013
    ''(...) Per comprendere le ragioni del successo de “L’Italia s’è desta, un piccolo (falso) mistero italiano” c’è solo un modo: vederlo. (...) Ѐ un delicato atto d’amore dedicato alla Calabria e alla giustizia. (...) Un interpretazione perfetta. Che ti resta addosso per un bel po’ (...)''
  • L’Italia s’è desta, Simona Negrelli, Il Quotidiano, 05 maggio 2013
    ''(...) Il testo dello spettacolo coniuga denuncia dell’attività malavitosa ed esaltazione poetica del diverso. (...) si dipana a ritroso, come una matassa da sbrogliare poco a poco (...) Carletta, eroina per caso (...)”
  • L’Italia s’è desta, Annabella Muraca, Ottoetrenta.it, 05 maggio 2013
    ''(...) Pochi però sanno che i pazzi vanno oltre il comune sentire ed è stato proprio questo il fulcro dello spettacolo ''L’italia s’è Desta'' che, ieri sera, ha deliziato e sorpreso il pubblico del Teatro Morelli grazie anche all’impeccabile lavoro del regista Rosario Mastrota (...) Un monologo breve ed intenso quello dell’attrice cosentina Dalila Desirèe Cozzolino calatasi perfettamente nei panni di Carla la strana (...) in attesa di qualcuno che possa farla sentire meno invisibile di come, in realtà, per tutta la sua vita è sempre stata (...)''
  • Panenostro, Simone Nebbia, Teatro e Critica, 02/14
    ''C’è questo luogo dell’anima, il profumo del Panenostro, nel forno della Compagnia Ragli (...) Tiene gli occhi chiusi Giuseppe, lo fa perché la “sua” Calabria delle farine è terra lontana di cui ha una nostalgia simile a saudade, le tradizioni in cui è cresciuto hanno germinato in un territorio ostile, nell’indifferenza settentrionale. La grande città, ma con le stesse dinamiche di potere. Ed ecco la ‘ndrangheta fare il suo lavoro, chiedere il pizzo, portarlo all’estremo delle forze psichiche e arrendersi al raptus che lo condannerà (...) Mastrota conferma un tratto distintivo: suono sottile che unisce concretezza ed evocazione.''
  • Panenostro, Emilio Nigro, Hystrio, 3/2014
    ''L'autore e regista conferma la dimestichezza con la dialettica di scena, partorendo un testo rigoroso formalmente (personaggio-intreccio-risoluzione) ma d'immediata fruizione per chiarezza. (...) La direzione registica si fa intima, mette in luce sottotesti (...) crea magia con trovate artigianali (illuminazione, trucchi ottici, trasformazione della materia), restituendo un insieme plastico, leggero, toccante. Prospettiva sul Sud, lontana dai luoghi comuni.''
  • Panenostro, Paola Abenavoli, Cultural Life, Marzo 2014
    ''Non teatro di narrazione o teatro civile “puro e semplice'': ma una ricerca, un testo ed una messa in scena che si sviluppano attraverso un percorso originale, quasi spiazzante, molto intenso (...) è un racconto innovativo, un monologo in cui il punto di partenza è una solitudine, frutto anche di qualcosa di già avvenuto, ma lo scopriremo solo alla fine. (...) Un testo intenso, dunque, quello scritto da Mastrota, da lui stesso abilmente diretto, con una totale simbiosi tra parola e messa in scena, in cui il ritmo e la tensione non scemano mai. Grazie anche all’altrettanto intensa interpretazione dell’interprete, in un monologo che dà la possibilità di mostrare vari registri, coinvolgendo lo spettatore.''
  • Panenostro, Il Tamburo di Kattrin, 09/13
    ''La penna di Rosario Mastrota dipinge ancora una volta scenari drammaturgici intensi, vivaci, roboanti. Una contrapposizione istintiva, seppur sotto il giogo dell’imposizione prepotente, che sfocia nel reagire tutt’altro che civile.''
  • Panenostro, Donatella Codonesu, Teatroteatro.it, 02/13
    ''Un modo originale e delicato per parlare della criminalità organizzata e del suo devastante effetto sulla quotidianità delle vite ordinarie di un intero paese.''

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