I Ficcasoldi

by Laura Marano (20/01/2015)

dramma.it

È un lucido affresco sulla ludopatia e sul mondo malavitoso che le orbita intorno, lo spettacolo della Compagnia Ragli, diretto da Rosario Mastrota – vincitore del Premio Giovani Realtà del Teatro 2013 – in scena in questi giorni al Teatro TdIX Tordinona. “I ficcasoldi”, patrocinato dall’Associazione antimafia daSud, è il quarto capitolo di una tetralogia che, con “L’Italia s’è desta”, “Panenostro” e “Salve Reggina!” porta avanti il progetto di teatralizzazione della criminalità, “un processo di smitizzazione” – come afferma il regista – “volto a rimpicciolire l’ego dei malviventi”, aumentando invece il grado di consapevolezza della società civile, impigliata nei suoi ingranaggi.
Questa volta, a cadere sotto la lente d’ingrandimento di Mastrota è il mondo pagliettato delle tante “Las Vegas” che proliferano a ogni angolo di strada. Quei bar che per alcuni divengono rifugio di un vizio, la cui morsa è pronta a stringere in breve tempo con l’effetto di un cappio al collo.
Innanzi a noi, un’insegna si colora di lucine che si rincorrono tra di loro, come le speranze di chi con ingenuità si lascia avvincere dalla vittoria facile. Soffocanti pareti di soli gratta e vinci danno la misura di uno scena claustrofobica, spazio della mente, al cui centro troneggia lei, totem moderno verso cui confluiscono le preghiere di tanti “ficcasoldi”: la sloat machine.
La storia è quella di un uomo tra tanti (Andrea Cappadona), vittima di quella lacerante crisi che lo costringe a chiudere la propria attività e a vivere, per questo, in un insicuro periodo di ristrettezze economiche con la propria compagna (Dalila Cozzolino). L’appuntamento saltato con un cliente al bar è lo scherzo del destino da cui ha inizio l’attrazione fatale per il gioco. Ettorino (interpretato da Gianni Spezzano), giovane barista campano, è l’amicizia conquistata al costo della rovinosa caduta che vede il protagonista impelagato nella rete della malavita e delle istituzioni colluse.
Attraverso il ricorso a soluzioni creative e prive di pedanteria, Rosario Mastrota riesce nel complicato tentativo di portare in scena l’attuale piaga dell’azzardopatia  puntando inoltre i riflettori su quel cono d’ombra dentro cui si nascondono la criminalità organizzata e con essa lo stato. L’asservimento di quest’ultimo al giogo del denaro è esplicitato con grottesca ironia dalle pubblicità subliminali che, con toni parodistici, invitano “o’ dottor” di turno a lasciarsi tentare dal fascino ipnotico  del gioco. Il montaggio dei testi così ben si incastra con le incalzanti azioni sceniche che rappresentano con amaro umorismo la condizione destruente di una patologia di cui si individuano con spietatezza i reali responsabili. Se a loro è possibile dare un nome, cadono nell’anonimato coloro che ne escono come vittime, coloro che, a ogni tentativo mancato, si lasciano illudere dalla luminosità piena d’aspettativa di cui si ricolma lo schermo all’ invito reiterato: “insert coin”. Inserisci moneta…Ficca i soldi!

foto di Alessija Spagna

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