Carla la strana – Storia di una ragazza “invisibile”

by Annabella Muraca (04/05/2013)

ottoetrenta.it

Foto di Angelo Maggio

Cosenza – “Non esiste grande genio senza una dose di follia” scriveva Aristotele eppure nessuno è mai stato di questo parere; i pazzi sono da sempre considerati l’antitesi dei sani di mente, della sagacia, dell’intelligenza; secondo molti luoghi comuni il pazzo vive ai limiti della società, in un mondo fittizio, utopico e non reale, il pazzo è colui che parla a vanvera preso da turbe mentali e manie visionarie, è lo scemo del villaggio da deridere ed escludere. Pochi però sanno che i pazzi vanno oltre il comune sentire ed è stato proprio questo il fulcro dello spettacolo “L’italia s’è Desta” che, ieri sera, ha deliziato e sorpreso il pubblico del Teatro Morelli grazie anche all’impeccabile lavoro del regista Rosario Mastrota.

Un monologo breve ed intenso quello dell’attrice cosentina Dalila Desirèe Cozzolino calatasi perfettamente nei panni di Carla la strana, la scema del paese che chiacchiera con tutti ma che da nessuno riceve risposte. Carla vive in un piccolo paese della Calabria dove tutti si conoscono, dove le voci girano più in fretta degli stessi notiziari, dove il tuo vicino non è altro che il tuo parente più prossimo. Un paese, quello di Carla, in cui la gente sparisce senza lasciare traccia, senza più fare ritorno e la ‘ndrangheta domina attraverso le sue mutevoli forme; quelle di un padre che viene dato per morto mentre, in realtà, è un boss della malavita e quelle di un finto carabiniere che, con la sua “mitraglietta nera”, perlustra l’intera zona della fontana rossa per la sicurezza del paese, una sicurezza che in realtà si tramuta in un alibi perfetto per coprire gli affari loschi che in quella stessa zona si svolgono.

Carla racconta la sua storia, il suo malessere, il suo sentirsi perennemente sola e beffata; racconta la sua semplice esistenza e si avvale di pochi elementi, un paio di scarpe strane proprio come lei, una bicicletta, una radio da cui dilaga la voce di diversi cronisti, un tavolo, una sedia, l’immagine di Giorgio Napolitano e le figurine panini della nazionale italiana di calcio a cui il suo destino è strettamente legato.

A pochi giorni dall’inizio dei mondiali i giocatori della nazionale scompaiono per mano della ‘ndrangheta e Carla assiste al sequestro; televisioni, politici, giornalisti accorrono per diventare spettatori a conoscenza dei fatti, il paese è in subbuglio, l’Italia è con il fiato sospeso, le televisioni mandano in onda continui aggiornamenti che, però, non presagiscono nulla di buono; tutti cercano e nessuno trova mentre chi realmente sa rimane in ombra. Carla parla ma nessuno l’ascolta, Carla racconta ma nessuno le crede perché è una pazza e, si sa, i pazzi non dicono mai la verità.

Carla continua a raccontare ciò a cui ha assistito ma è tutto vano, la sua voce si scontra con l’indifferenza generale, i suoi occhi non incontrano mai quelli dei suoi interlocutori, i suoi tentativi di spiegare si spengono nello stesso modo in cui l’acqua spegne il fuoco. La credibilità di Carla è costantemente messa sotto assedio da un paese diffidente e sordo ma la sua caparbietà è più forte del muro che le si staglia giornalmente di fronte; racconta, parla, sbraita fin quando riesce a condurre la Rai, Bruno Vespa e le altre troupe televisive sul luogo del misfatto.

I giocatori sono così salvi, partecipano ai mondiali che già alla prima partita perderanno e Carla? Carla continua la sua vita in attesa della visita di Giorgio Napolitano, in attesa di essere insignita con una medaglia che possa attestare il suo coraggio, la sua credibilità, la sua rivincita nei confronti di un paese che l’ha sempre rifiutata. Carla continua a vivere in sordina, continua a passare le giornate tra il suo album di figurine e le passeggiate per il paese in attesa di qualcuno che possa farla sentire meno invisibile di come, in realtà, per tutta la sua vita è sempre stata.

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